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Immagine del redattoreEmiliano Galigani

ANTONIO MANZONI

Altered paper


La mia formazione è quella di Pittore Decoratore classico, ovvero colui che prepara le mura a ricevere la pittura, che dipinge a fresco, a secco, che prepara fondi e colori. Un imbianchino. O Michelangelo.

Negli anni ho dipinto, ho esposto le mie opere, sino a giungere ad un momento in cui la mia pittura, pur ricercata nella costruzione e nella tecnica, non mi soddisfaceva più. Non riuscivo a ricevere stimolo dal mio fare. Sembrava tutto statico, mono-tono.


A quel punto quasi istintivamente applicai su di me la tecnica di Munari relativa allo stereotipo:

“... Uno dei modi più diffusi per annullare ogni possibile atto di creatività, sta nel far fare un disegno su tema, uguale per tutti, da realizzare con strumenti uguali per tutti, pennarelli o colori a tempera.

E così vien dato a bambini e bambine pennelli e colori a tempera o creta e altro materiale plastico per i lavori a tre dimensioni. Spesso non si dà nessuna spiegazione tecnica lasciando i bambini abbandonati a loro stessi senza alcun aiuto. Molti insegnanti dicono: noi lasciamo i bambini completamente liberi di fare ciò che vogliono, diamo loro i colori e la creta e loro si esprimeranno liberamente...


...Fogli grandi, grandissimi e piccoli piccolissimi. Non occorre spiegare nulla. Basta dire ai bambini di scegliersi il foglio preferito e di disegnare o dipingere con qualunque mezzo, quello che la forma del foglio suggerisce a loro. Molti insegnanti sono rimasti meravigliati dai risultati, alcuni bambini che non avevano mai disegnato sono stati invogliati a disegnare, visto l'entusiasmo degli altri compagni. Effettivamente può essere comprensibile come un foglio stretto e lungo, visto orizzontalmente, possa far venire in mente un serpente, una corsa di auto, un treno, un viale alberato, un sommergibile nel mare... Mentre se lo stesso foglio stretto e lungo viene considerato dal bambino, in senso verticale, allora l'immagine che ne consegue può essere: un missile, una torre, un grattacielo ...”


Lo stereotipo nasce anche da una cattiva interpretazione del rapporto tra matita e foglio. Quindi cambiando uno dei due fattori la mente è obbligata a trovare una diversa soluzione. Sostituendo un pennello alla matita opereremo in modo diverso. E se usassimo le forbici?

È quanto ho fatto. Le forbici, lo strappo, i tagli sono diventati i miei strumenti da disegno, i fogli dei miei lavori sono diventati i colori. È stato un momento liberatorio.


Ma era solo l’inizio. Le carte, prima colorate da me, sono diventate poi solo “carte” in quanto esse avevano già un colore, il proprio. Andava solo esaltato. E poi il colore sovrapposto alla carta era quasi un artificio, era un dare colore ad una forma, ma la forma in sé esisteva ed io dovevo materializzarla.

Quindi le carte, i cartoni venivano usate come cromie ed io le esaltavo con cere, oli colle e carboni, senza colori altri. Le superfici su cui posizionavo le carte erano tele di canapa su telai che erano fortemente aggettanti. Molto affascinanti, troppo. Spingendo in direzione del contrasto tra materie, ho iniziato ad usare al posto della tela il metallo, in contrapposizione alla carta. Dapprima come superficie, la carta fragile ed il metallo duro, un contrasto potente. La direzione era quella ma la trasformazione della materia non era ancora avvenuta. La carta, il cartone, potevano essere fragili, ma anche ritornare quasi allo stato legnoso. Tuttavia per me la forza del materiale fragile si è materializzata pian piano.


Come ho sviluppato la mia tecnica?

Ricerca. Il metallo da supporto è diventato telaio e la carta veniva messa in tensione da molle d’acciaio, che la tendevano sul telaio d’acciaio fino allo spasimo, tesa fino al momento prima dello strappo. La carta creava la forma, il metallo la sosteneva. Contrasti. Di materia. Di forza. Di tensione. La carta non era più neanche trattata, era la sua forza l’espressione che cercavo. Ma il passaggio successivo è stato quando la carta è riuscita a mettere in tensione il metallo. Il metallo, duro, apparentemente rigido, si è arreso alla tensione della carta, fragile; messa in tensione da molle d’acciaio. Il vuoto diventa forma. Gli elementi sono minimi, le forze sono tese al punto di rottura. Senza accorgermi, sono diventato scultore. Le opere sono tridimensionali. Il passaggio dalle due alle tre dimensioni è stato naturale. Ma esiste ancora un altro contrasto da materializzare, la dimensione. Le opere sono diventate spazio, sono diventate ambienti. Con la carta ed il metallo trasformo il rapporto tra osservatore ed opera, le opere diventano installazioni. Le percezioni degli ambienti vengono ribaltate.


Cosa mi spinge a fare arte nel mondo contemporaneo?

Per gli altri. In effetti non è l’utilizzo della carta che fa tutto ciò. La carta, il metallo, le molle sono gli attrezzi ed i materiali che utilizzo per comunicare. Ma anche, e soprattutto, per soddisfare quella necessità di espressione e di ricerca che è insita nell’uomo, in tutti gli uomini avere consapevolezza della propria necessità di espressione e ricerca non è cosa comune. Ci si perde, la si accantona se c’è stata nella gioventù. Eppure potrebbe essere uno strumento utile, in tante situazioni.


Il limite tra questo momento ed il successivo è già trascorso.

Il mio lavoro si concentra sempre più sull’azione che trasforma il piano in tridimensione. Nei lavori attuali, tutt’ora in fase di sviluppo, la tensione agente è tutta nella carta. L'azione è nella e della carta. Il foglio piano si fa volume con la piega, e le pieghe creano una tensione che attiva la scultura. Il punto di equilibrio - delle pieghe che si fanno struttura - si trova nei magneti, posti al centro, che bilanciano le forze.

Il discrimine fisico tra piano e volume è la piega. Essa si incide nella materia che si tende, si incurva portando la forma in uno sviluppo energetico. Il discrimine temporale, tra questo momento e il suo farsi domani, è la trasformazione tra il piano ed il volume. È il momento in cui la carta si trasforma e diventa altro, diventa forma. Le mani accarezzano la carta e modellano le pieghe, e la forma si fa spazio, la tensione tende le forme. Il limite tra ora e dopo. Invisibile eppure sempre presente Fare arte nel mondo contemporaneo Una necessità. Di incontro con gli altri.


Il mio fare è formazione rivolta ad altri uomini. In genere non parlo di arte, ma di come liberare la mente. Non ci sono ricette, ma attività che producono esperienze. Non sono prodotti belli né prodotti brutti. Sono segnali di un percorso.


Il progetto futuro è continuare.

Perché con la carta? Perché l’ho sempre usata.







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